Intervista a Don Erminio

Don Erminio Barberis racconta la sua esperienza nella Parrocchia della Resurrezione

“Risalendo a trenta anni fa, io vivevo come viceparroco in una bella parrocchia (Trecate) di 15 mila abitanti a confine tra il Piemonte e la Lombardia, una terra feconda nella agricoltura e nell’industria e vi avevo passato 30 anni, abitando in casa e in armonia col parroco. Quando questi lasciò la parrocchia, perché nominato vescovo, alla nomina del suo successore, chiesi al mio vescovo di essere trasferito per lasciar libero nelle sue scelte il nuovo parroco.

Nel frattempo a Roma era stato nominato Cardinale Vicario della città il novarese Ugo Poletti, che chiese al vescovo di Novara di collaborare alla vita pastorale delle tante parrocchie di Roma, bisognose di preti, mettendo a disposizione dei sacerdoti novaresi. Il Vescovo di Novara, Mons. Aldo Del Monte, accolse la proposta e, nella parrocchia della Resurrezione di Roma inviò tre preti: don Erminio Barberis, don Angelo Bergamaschi, e don Cesare Zanetti Chini, appena ordinato sacerdote ed impegnato per lo studio all’Università Gregoriana. I tre avrebbero sostituito il parroco don Romano Avvantaggiato, che era solo nella parrocchia.

Siamo giunti nel settembre 1974 assumendo insieme qui l’impegno parrocchiale, mentre don Romano prendeva servizio a S.Eugenio, in altra parte di Roma. L’impatto col luogo rivelò, al principio, qualche difficoltà per la diversità di persone, di regione e di stile di vita; da piccole parrocchie tradizionali del nord, al grande complesso di abitanti di una periferia romana fuori del grande raccordo anulare, una comunità giovanissima e variegata con migliaia di persone di svariata estrazione.

Grande e prezioso aiuto fu subito quello delle Suore Missionarie Regina Pacis, presenti ed attive sul luogo da vari anni: Suor Virginia, Suor Addolorata e Suor Rosalinda, che avevano formato una cerchia di collaboratori per la cura della chiesa, per la catechesi, per la conferenza di S. Vincenzo e l’assistenza ai poveri e per il vivo rapporto con varie ottime famiglie.

La zona era ancora per la maggior parte abusiva sorta senza urbanizzazione. I preti, giunti sconosciuti dal nord, sono stati accolti con curiosità e interesse; con qualche distacco vicendevole, che si attenuò dopo i primi incontri di carattere pastorale (le funzioni in chiesa, i catechismi, gli incontri vari coi fedeli, l’ufficio parrocchiale.) C’erano, nell’ambito parrocchiale, una sala teatro e incontri sportivi, come pure delle aule scolastiche che erano più di disturbo che altro; le aule infatti, a piano terra, erano in affitto al piano terra alla scuola Media Martin Luther King.

Sorse il Gruppo scout con Roberto Temporin e Sacconi Marilena del gruppo Breda, seguiti da don Erminio; poi l’incontro con gruppi famiglia, seguiti da don Angelo con la preparazione al matrimonio e la prosecuzione in seguito negli incontri mensili; e infine l’impegno sociale espresso dal Comitato di Quartiere, seguito da don Cesare, che promosse le scuole serali delle 250 ore per adulti, offendo agli operai una migliore qualificazione nel lavoro.

Una zona diversa e più staccata era Torrenova., con gente per lo più marchigiana, a cui era stato appena trovato un punto di aggregamento con la cappella al piano terreno di casa Patulli. A sostegno di questa presenza di chiesa si è potuto avere la presenza dalle Suore Francescane di Maria che là accanto si insediarono col loro appartamento al servizio della cappella, della catechesi e del rapporto umano coi fedeli.

A due anni di distanza il Vescovo di Novara inviò un altro validissimo sacerdote don Gino Bolchini a cui fu affidata quella zona e la sua promozione che ebbe poi l’ausilio della Comunità di S.Egidio e, in seguito ai nuovi insediamenti popolari giunti con la costruzione di nuovi grandi condomini, vi fu costituita e staccata la nuova parrocchia di S Gaudenzio, con don Gino Bolchini nuovo parroco, che provvide a dotarsi di tutte le nuove strutture parrocchiali.
Tra le attività sociali proposte nella parrocchia ci fu l’intervento della Comunità di Capodarco con don Franco Monterubbianesi, già presente nella zona parrocchiale con alcune famiglie numerose di handicappati, che ci stimolò ad aperture di carattere caritativo e sociale. Al nostro fianco, in parrocchia si era associato un siciliano Silvio Rotondo, studente universitario, che, in cambio dell’accoglienza offriva collaborazione in ogni attività parrocchiale e, dopo la laurea e il servizio civile tra gli handicappati, ritornò in Sicilia a Troina (Enna), riprese gli studi per essere sacerdote e svolge oggi il suo ministero come parroco nella diocesi di Enna. Io, don Erminio, ho compiuto alla Resurrezione un servizio di soli sei anni, certo pochi, ma tanto belli ed indimenticabili, sia per essere nella stupenda città di Roma, che tra tante bellezze storiche ed artistiche, ha nelle sue borgate tanta umanità, tanta carica di amicizia, che supera le sporadiche malefatte di alcuni sbandati. Me li sottolineavano i cari amici preti veronesi di Torre Angela e di Borghesiana e la stessa suor Rosalinda.

Di quante persone, famiglie, collaboratori, giovani scout e oratoriani ho il ricordo e il rimpianto; non ricordo i nomi, perché sono vecchio e sono passati 24 anni dalla mia partenza, ma ne ho vive le immagini. Nei miei 60 anni di prete, passati in comunità parrocchiali numerose (la più piccola è l’attuale Orta San Giulio, al centro del mio bei lago che mi ha visto nascere ad Omegna) Roma ha la caratteristica più esaltante e più indimenticabile. La porterò sempre nel cuore con le sue persone che ripenso giovani come 24 anni fa. Le saluto, le amo, le abbraccio tutte idealmente nella mia preghiera.

Don Erminio Barberis
Maggio 2004