Chi si esalta sarà umiliato, chi si umilia sarà esaltato.
La parola umile deriva dal termine latino humus, che indica il terriccio che si trova nel bosco, la terra. Questa parola di Gesù, che chiude la piccola parabola del pubblicano e del fariseo ci fa capire la nostra giusta posizione davanti a Dio. Il fariseo viene rimproverato perché è chiuso nel suo mondo. La sua forza è di essere contento di quello che fa e di disprezzare i comportamenti altrui nei quali ravvede il male. La sua preghiera non conosce Dio, perché questo fariseo vede solo sé stesso. Per lui Dio non è che colui che deve pagargli il compenso per il bene che fa. Non pensa di essere fatto anche lui di terra, di essere debole davanti al Creatore, né si accorge realmente della grazia che ha ricevuto.

parabola pubblicano fariseoÈ il dramma che sperimentiamo quando non riusciamo a leggere dentro noi stessi e ci illudiamo di essere immuni dal compiere il male. Il pubblicano, invece, ha sperimentato la sua debolezza, il suo essere fatto di terra e di essere davanti a Dio mancante. Perché Dio può amare questo uomo e non l’altro? Il fariseo è impermeabile. Il pubblicano ha il cuore aperto ed invoca da Dio l’aiuto. La sua ferita verrà fasciata.

Un invito, quello di oggi, ad aprirci ad un dialogo vero con il Signore, dove non dobbiamo nascondere quello che siamo, ma dire con umiltà: “eccomi Signore, nella mia debolezza“. Non permettere che accusi gli altri, ma guarda alla mia miseria, e riempila della tua misericordia”. Il Papa in S. Marta ci ha invitato a fare questo dialogo penitenziale, a metterci con umiltà davanti a Dio nell’intimo del nostro cuore, pentirci del male che facciamo, in attesa del momento in cui potremo di nuovo ricevere il Sacramento della Confessione. Allora Lui stesso verrà presso di noi, come ricorda oggi l’invito del profeta Osea: “Venite, ritorniamo al Signore: Egli ci ha straziato ed egli ci guarirà, dopo due giorni ci ridarà vita e noi vivremo alla sua presenza”.

 

✎ don Dario