Una guarigione “differente”. Così potremo chiamare la guarigione di Naamam il Siro.
Perché differente? Perché Naaman guarisce non solo dal suo male, la lebbra, ma da un altro male, ben più insidioso e difficile da guarire: il suo orgoglio!
La Parola di Dio di oggi cadendo all’interno di questo periodo di vera calamità, dovuto alla Pandemia, ci da una luce per riflettere su quello che viviamo. È proprio vero che il virus sia il male peggiore? La vita dell’uomo è segnata dalla fragilità e se si guarda la storia passata l’uomo è stato provato da terribili epidemie e malattie. Ma il male peggiore sarebbe se passato questo flagello, rimanessimo come prima, continuassimo solo a pensare come migliorare il nostro sistema economico e il nostro sistema sanitario. Cose evidentemente giuste e doverose, ma che non sarebbero ancora il centro.
Anche Gesù nel Vangelo parlando ai suoi concittadini fa capire che nei tempi della siccità, calamità tipica dell’epoca, nessuno era stato veramente salvato se non una vedova, e che nel tempo in cui la predicazione di Eliseo attraversava Israele nessuno era stato salvato se non uno straniero. Cosa voleva dire Gesù? Il fatto che rende la guarigione di Naaman un esempio, non è l’essere guarito fisicamente, peraltro attraverso un semplice lavarsi sette volte nell’acqua del Giordano. La guarigione di Naamam è stata nell’essere entrato nell’umiltà. È stata nel riconoscere che c’è una parola di vita che viene solo da Dio e dal Dio di Israele.
Naaman rappresenta gli uomini di ogni tempo, e anche noi, quando pensiamo di essere autosufficienti, quando pensiamo di bastare a noi stessi. Naaman guarisce perché capisce che non c’è un Dio su tutta la terra se non in Israrele. In questo falliscono anche persone pie come gli abitanti di Nazareth, che davanti alla predicazione di Cristo rimangono meravigliati, scandalizzati, e decidono persino di uccidere Gesù. Anche loro si chiudono alla Parola di Dio. La malattia mortale per l’uomo è il pensare di poter vivere con le sole sue forze.
Questo tempo di prova potrà passare senza alcun frutto se non riaprirà il cuore dell’umanità alla Parola, alla conversione e al pensare che non è la morte fisica il male peggiore, ma quella dell’anima. E l’anima senza riferimento al Dio vivo, al Dio di Gesù Cristo è destinata ad ammalarsi e morire.
Il Papa ieri ci ha dato un esempio di cosa significhi ritrovare in Dio il senso di tutto. È andato infatti a pregare davanti al crocifisso di S. Marcello al Corso, crocifisso davanti al quale era stato invocato il soccorso divino al tempo della peste. Come a dire: facciamo ogni sforzo e preghiamo per tutti coloro che vivono la battaglia per la guarigione dal virus, ma anche umilmente, affidiamoci a Dio, ricordiamo che la nostra vita è ben poca cosa senza Lui. Scrive san Basilio Magno: “Il sapiente non si glori della sua sapienza, né il forte della sua forza, né il ricco delle sue ricchezze.
Ma allora qual’è la vera gloria, e in che cosa è grande l’uomo? Dice la Scrittura: “In questo si glori colui che si gloria: se conosce e capisce che io sono il Signore!”
Il Signore ci conceda di uscire da questo tempo con una fede rinnovata in Lui!
✎ don Dario