“Quale Dio è come te, che toglie il peccato al resto della sua eredità!”

figliol prodigoEro molto giovane,
da poco entrato in seminario, e con un mio amico seminarista, spesso ci recavamo a fare incontri con i ragazzi. Quando facevamo questi incontri dovevamo parlare a tanti ragazzi delle scuole, spesso distratti, di chi fosse Dio. Non era facile. Rocco sceglieva spesso di partire da questo brano del figliol prodigo.

Ricordo in maniera viva che alzava le mani e poi diceva con tutta la forza che aveva quello che lui aveva capito di Dio, quello che gli aveva toccato il cuore. Con il suo accento pugliese alzava il braccio e contava i cinque verbi alzando le dita della mano: vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo, lo baciò. Poi faceva una pausa. Non ricordo bene cosa poi dicesse, ma ricordo la voglia che aveva di comunicare a tutti quella che era stata la sua scoperta: quei verbi descrivevano l’esperienza che lui aveva fatto di Dio. Dio lo aveva guardato da piccolo, lo aveva perdonato, e fatto sentire amato. Non commentava solo un brano importante della Scrittura, ma diceva: “a me è successo questo, lo capite, a me è successo questo!!!“. E così da allora ogni volta che leggo questo brano rivedo il suo volto, mi torna in mente la sua voce e mi fermo davanti a queste parole e dico: Questo è Dio! Si questo è il Dio in cui io credo.

il figliol prodigoSpesso però accade che dinanzi a questo ritratto affascinante di Dio, dinanzi a questo volto, siamo con le spalle girate e non possiamo vederlo. Il tempo di Quaresima allora è il tempo di grazia per rientrare in se stessi e renderci conto che occorre voltarsi. Nella figura del figlio ridotto a pascolare i porci, ridotto alla fame dai suoi peccati, la Chiesa ci invita in questo tempo a ritornare in noi stessi: “Allora ritornò in sé e disse: Mi alzerò e andrò da mio Padre”. Il momento del ritorno a noi stessi è il momento in cui comprendiamo la nostra realtà più profonda: non possiamo vivere senza di Lui, senza il Padre.

Quello che la Chiesa indica come peccato è l’insieme di quegli atti commessi che ci portano a perdere la condizione di figli. Ma per accorgercene quanto ci vuole! A volte ce ne rendiamo conto davanti alle devastazioni compiute, all’illusione di vivere senza quel Padre che è nei cieli. È il dramma più grande per l’uomo! Pensare che Dio non serva è come iniziare la fuga dalla sua casa.

figliol prodigoLa Quaresima serve a rompere questa illusione, a riconoscere che si ha peccato, che i peccati portano a pascolare i porci, ma che riconoscerli è riprendere il cammino del ritorno al Padre che ci riporta alla vita. Nella vita del credente occorre il tempo del pentimento, il tempo di confessare i propri peccati e ritrovare il volto di Dio di cui si è dubitato, e capire che Lui c’è, che non ha smesso di pensare a noi suoi figli.

Ogni ritorno ci fa dire quello che diceva Santa Teresa d’Avila ricordando i peccati del suo passato: “Sii benedetto Signore, per avermi sopportata tanto!“. Lo sguardo del Padre, lo sguardo di Cristo suo figlio è lo sguardo di chi ci attende, ci vede e “torna ad avere pietà di noi”. (Mi 17,19)

✎ don Dario